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William Shakespeare


William Shakespeare

IL MERCANTE DI VENEZIA

Il tema che conduce la narrazione de IL MERCANTE DI VENEZIA (1598 ca.) viene fatto risalire comunemente a precedenti drammi elisabettiani, il più noto dei quali è certamente L’EBREO DI MALTA di Marlowe.

Gli israeliti erano stati messi al bando dall’Inghilterra fin dal Medio Evo e qualsiasi immigrato clandestino, se scoperto, era soggetto alla deportazione.

E’ quindi un improbabile ebreo quello messo in luce da Shakespeare, la caricatura di un usuraio, una figura mitica e aderente alla fantasia popolare e ai pregiudizi correnti. Pregiudizi che, a prima vista, sembrano essere assimilati anche da Shakespeare, che ci presenta uno Shylock crudele e spietato. Ma quando si leva la maschera grottesca dell’ebreo convenzionale, avaro e cattivo, possiamo ammirare in lui la dignità e la forza di una potente dimensione tragica.

Nell’affrontare l’allestimento abbiamo voluto mettere in luce questa volontà di riscatto: un secondo piano di lettura che, al contrario del primo più immediato, evidenzia l’ingiustizia perpetrata ai danni di Shylock, e lo vuole quasi redimere, offrendo allo spettatore un’umanità degna di comprensione e compassione, tanto da sminuire lo spessore delle figure dei personaggi vittoriosi nel processo contro l’usuraio.

Solitamente IL MERCANTE DI VENEZIA viene inquadrata nella serie delle “romantic comedies” ma oggi sempre più spesso è definita “tragicommedia” che assembla diversi elementi narrativi: quello fiabesco, attinto dalla novellistica italiana,dalle tinte romanzesche e imprevedibili; quello drammatico della contesa contrattuale sulla libbra di carne di Antonio; quello buffonesco, qui solo accennato, ma spesso usato da Shakespeare come contrappunto a una vicenda drammatica.

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